Libro I, Cap. 89, 117 - Civiltà Greca

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Libro I, Cap. 89, 117

Storia > Tucidide
Premesse della potenza ateniese
89. [1] Dirò ora in quali circostanze giunse Atene a quella situazione da cui si sviluppò a grande potenza.
[2] Quando i Persiani, vinti per mare e per terra dagli Elleni, si ritirarono dall’Europa, e quelli di loro che con la flotta fuggirono a Micale furono distrutti, Leotichida re di Sparta, che a Micale aveva avuto il comando sugli Elleni, si ritirò in patria con gli alleati del Peloponneso. Gli Ateniesi invece e gli alleati della Ionia e dell’Ellesponto [che si erano già staccati dal Re] rimasero sul luogo e assediarono Sesto, occupata dai Persiani. Vi svernarono, e, avendola i barbari abbandonata, la presero. Dopo di ciò i singoli contingenti di ogni città salparono man mano dall’Ellesponto.
[3] Gli Ateniesi, dopo la partenza dei barbari dalla loro terra, cominciarono immediatamente a ritrasportarvi, dal luogo ove erano stati messi al sicuro, i bambini, le donne, le suppellettili superstiti, e si accingevano a riedificare la città e le mura, poiché della cinta rimanevano solo piccoli tratti, e le case per lo più erano state abbattute e ne erano rimaste incolumi poche: quelle dove si erano sistemati gli alti personaggi persiani.
90. [1] Sparta, venuta a conoscenza di questo progetto, mandò ad Atene un’ambasceria. Preferiva che né Atene né alcun’altra città disponesse di mura, e ancor più la incitavano gli alleati in allarme per la nuova potenza della flotta ateniese e per l’intrepidezza dimostrata nella guerra persiana. [2] La pretesa degli ambasciatori era che Atene non edificasse mura, ma piuttosto aiutasse anche Sparta ad abbattere tutte le cinte che rimanevano oltre i confini del Peloponneso. Senza scoprire agli Ateniesi i loro veri scopi e sospetti, mettevano innanzi la ragione che – per il caso di una nuova offensiva dei barbari – questi si sarebbero trovati senza una qualsiasi base di operazione, quale nella guerra attuale era stata offerta da Tebe. Assicuravano inoltre che il Peloponneso sarebbe stato base sufficiente per tutti, sia per la ritirata strategica sia per la controffensiva. [3] A tali richieste Atene, per consiglio di Temistocle, rispose che avrebbe mandato ambasciatori al riguardo, e senz’altro li congedò. Allora Temistocle propose che mandassero lui al più presto a Sparta; altri ambasciatori invece – che dovevano scegliergli come colleghi – non li inviassero subito, ma aspettassero fino a tanto che le mura fossero condotte ad altezza sufficiente e indispensabile per la difesa; e che si occupassero della loro costruzione tutti in massa gli Ateniesi che si trovavano nella città: uomini, donne e ragazzi, senza riguardo ad edificio pubblico o privato che potesse giovare al compimento dell’opera e anzi abbattendo ogni ostacolo. [4] Temistocle diede queste istruzioni, e, spiegando che il resto l’avrebbe sbrigato da sé, partì. [5] Giunto a Sparta, non si presentò alle autorità, ma, con pretesti, lasciava passar tempo; e se un alto personaggio gli chiedeva perché non si presentasse agli uomini del governo, rispondeva che attendeva i colleghi, rimasti ad Atene per qualche faccenda, ma si aspettava che da un momento all’altro comparissero, e si stupiva che ancora non fossero arrivati.

94. [1] Intanto Pausania , figlio di Cleombroto, era stato mandato da Sparta come stratego degli Elleni, con venti navi, dal Peloponneso. Salparono insieme anche gli Ateniesi con trenta navi e notevoli forze degli altri alleati. [2] La spedizione si diresse a Cipro, di cui sottomisero gran parte, quindi a Bisanzio, occupata dalla Persia, e la presero d’assedio sotto il comando di Pausania.
95. [1] Il carattere violento di costui aveva già prodotto irritazione presso gli altri Elleni, particolarmente gli Ioni e quanti da poco erano stati liberati dalla soggezione al Re. Essi si rivolsero agli Ateniesi, chiedendo che accettassero il comando supremo su di loro per i vincoli di schiatta che li univano, e che non permettessero a Pausania di commettere prepotenze. [2] Gli Ateniesi accolsero l’offerta, e dimostrarono grande zelo, fermamente decisi a non lasciar passare inosservato alcun atto di arbitrio da parte di Pausania, e quanto al resto di disporre le cose secondo il loro utile maggiore. [3] In questo torno di tempo Sparta richiamò Pausania per esigere risposta sui fatti di cui le giungeva notizia. Era infatti accusato di molte irregolarità dagli Elleni reduci dalla spedizione.  Si diceva tra l’altro che si rivelasse piuttosto un imitatore di tiranni anziché un comandante di esercito. [4] La sua chiamata in giudizio cadde nello stesso periodo in cui gli alleati, tranne le truppe del Peloponneso, per avversione contro di lui passarono dalla parte di Atene. [5] Giunto a Sparta, Pausania delle illegalità private ai danni di alcuni fu ritenuto reo, ma fu prosciolto delle imputazioni più gravi: perché non in colpa. L’accusa principale rivoltagli era di nutrire simpatie sospette per la Persia: e su questo pare non ci fosse dubbio. [6] Fatto sta che non mandarono più lui come comandante, ma Doride, con alcuni altri colleghi e un piccolo esercito. A costoro però gli alleati non affidarono più il comando supremo. [7] Capita la situazione, i generali se ne andarono, e in seguito Sparta non inviò più altri capi d’esercito per timore che all’estero si corrompessero, secondo l’esperienza fatta con Pausania. Inoltre volevano sbarazzarsi della guerra contro la Persia; riconoscevano agli Ateniesi la capacità di assumere il comando supremo, e giudicavano buoni in quel tempo i rapporti tra Atene e Sparta.
Il costituirsi del dominio ateniese
96. [1] Gli Ateniesi, assunto in questa maniera il comando supremo per vvolontà degli alleati – a causa dell’odio contro Pausania – fissarono l’importo dei contributi, sia di quelle città che dovevano versare denaro
per la lotta contro i barbari, sia di quelle che dovevano fornir navi. Lo scopo ufficiale della lega era quello di devastare i domini del Re, per vendicarsi dei danni sofferti. [2] Allora per la prima volta Atene istituì l’ufficio degli ellenotami,
che esigevano il phóros (nome dato al contributo finanziario degli alleati). Il phóros fu fissato per il primo anno in quattrocentosessanta talenti. La sede del tesoro della lega fu Delo, e le adunanze della lega si tenevano nel santuario.
97. [1] Stando a capo degli alleati – che da principio erano autonomi e tenevano consiglio in adunanze generali – nell’intervallo che corre tra la guerra persiana e questa del Peloponneso, Atene con le armi e la politica s’impegnò nella serie di imprese che ora descrivo, e che essa svolse contro i barbari, contro gli alleati ribelli e contro quelle città del Peloponneso con le quali volta per volta veniva a contrasto. [2] Ho voluto esporre queste imprese, aprendo così una digressione
nella mia storia, per la ragione che tutti i miei predecessori hanno trascurato questo periodo. Essi si sono occupati o della storia ellenica prima della guerra persiana o della stessa guerra persiana. Quello di loro che di questa parte si è almeno interessato, Ellanico, l’ha trattata di scorcio, e la sua cronologia non è esatta. Oltre a ciò questa digressione ci prova come si sia costituito il dominio ateniese.
Una serie di spedizioni punitive di Atene.
98. [1] Anzitutto Atene, sotto il comando di Cimone, figlio di Milziade, prese con assedio Eione sullo Strimone, occupata dalla Persia, e la ridusse in servitù. [2] Quindi ridusse in servitù Sciro, isola dell’Egeo, abitata dai Dolopi, e vi inviò coloni propri. [3] Inoltre sostenne contro i Caristi una guerra senza che vi partecipassero gli altri Eubei, e dopo qualche tempo venne a un accordo. [4] Dopo guerreggiò contro i Nassi ribelli, e li sottomise con assedio. Questa fu la città alleata che fu asservita per prima, contro l’ordinamento vigente della lega; ci passarono poi anche le altre ad una ad una in circostanze varie.
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