Frammenti - Civiltà Greca

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Lamento di Danae
La dolorosa concezione della vita, quale emerge dai frammenti appena citati, trova la sua espressione paradigmatica nell’evocazione del mito tradizionale, di cui Simonide coglie non tanto gli aspetti eroici, quanto quelli emotivi e psicologici, in una costante ricerca di pathos che già gli antichi consideravano il tratto distintivo della sua poesia. Di questo originale impiego del mito abbiamo un celebre esempio nel cosiddetto ‘lamento’ di Danae (fr. 38 P.), in cui l’infelice figlia del re argivo Acrisio viene condannata dalla crudeltà del padre - atterrito da un oracolo che gli aveva predetto la morte a opera del nipote - a essere rinchiusa col figlio appena nato (Perseo, frutto della sua relazione con Zeus) in una cassa di legno, lasciata poi in balìa dei flutti. Il brano (che secondo alcuni faceva parte di una trenodia) è ordito su una serie di contrasti, tesi appunto a creare quell’atmosfera di tensione tipica dell'ìarte simonidea: la furia del mare e il terrore di Danae si oppongono all’ignara serenità del piccolo Perseo, così come il rosso vivo del mantello in cui il bimbo è avvolto e il fulgore della sua bellezza semidivina squarciano con luminosi barbagli la fitta tenebra che avvolge tutta la scena. Le parole di Danae, dolci nei confronti del figlio e amare verso se stessa e la propria tragica sorte, esprimono negli ultimi versi un fatalistico abbandono al volere della divinità, il cui soccorso potrebbe manifestarsi attraverso un «mutamento» della drammatica situazione: e il vocabolo μεταβουλία non può non evocare altri simili termini usati da Simonide per designare l’instabilità delle vicende umane, come μετάστασις  e μεταρρίπτει.

Quando nell’arca regale l’impeto del vento
e l’acqua agitata la trascinarono al largo,
Danae con sgomento, piangendo, distese amorosa
le mani su Perseo e disse: «O figlio,
quale pena soffro! Il tuo cuore non sa;
e profondamente tu dormi
così raccolto in questa notte senza luce di cielo,
nel buio del legno serrato da chiodi di rame.
E l’onda lunga dell’acqua che passa
sul tuo capo, non odi, né il rombo
dell’aria: nella rossa
vestina di lana, giaci: reclinato
al sonno il tuo bel viso.
Se tu sapessi quello che è da temere,
il tuo piccolo orecchio sveglieresti alla mia voce.
Ma io prego: tu riposa, o figlio, e quiete
abbia il mare; ed il male senza fine,
riposi. Un mutamento
avvenga ad un tuo gesto, Zeus padre;
e qualunque parola temeraria
io urli, perdonami;
la ragione m’abbandona.
(trad. S. Quasimodo)

Leggenda
Una leggenda narra
che la Virtù dimori
su rupi inaccessibili, e che
abbia lassù un santuario, dea invisibile agli occhi
dei mortali cui non sgorghi un sudore tormentoso
dall’interno del cuore, e che non giungano alle
cime più alte del valore.

Per i caduti delle Termopili
Di chi trovò la morte alle Termopili
bello il destino, splendida la sorte, e la
tomba un altare, memoria eterna al posto di
lamenti ed elogio il compianto.
Un simile sudario non la ruggine
l’annienterà, né il tempo distruttore.
E questo luogo sacro ai valorosi si scelse
come propria abitatrice la gloria della
Grecia: e lo attesta Leonida, il sovrano di
Sparta, che ha lasciato un ornamento
prezioso di valore e lama eterna.

Il volo di una mosca
Essendo uomo, non dire mai cosa sarà
domani, né vedendo un uomo fortunato, per
quanto lo sarà: non più veloce l’ala di una
mosca muta la direzione del suo volo.

Tatuaggio marino
Verrà la brezza
a tatuare il mare
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