allora nel 351 Filippo II ripiegò verso l’Egeo settentrionale (quell’anno gireranno voci sulla sua morte). A quel punto scoppiò la guerra con Olinto in cui Atene intervenne ben tre volte (due volte con Carete e una volta con Caridemo) ma inutilmente, dacché il re macedone riuscì a radere per sempre al suolo la città. Infine anche l’ultimo capo focese fu battuto da Filippo II. Alla resa dei Focesi non poté che seguire la pace di Filocrate (intorno al 346 a.C.) in cui Macedoni,
Ateniesi e gli altri Greci si accordarono per la pace. Al macedone vennero attribuiti il titolo di capo militare, la prestigiosa presidenza dei giochi pitici e uno scritto in suo onore di Isocrate. Nel 344 Filippo II divise la Tessaglia in quattro «tetrarchie» e l’anno successivo stipulò un patto coi Persiani anche se, col padre adottivo della moglie di Aristotele – Ermia – e lo stesso Aristotele, lavora sui alcuni punti d’appoggio in Anatolia in modo di attaccare la Persia. Tentò in seguito di espandersi ma quando toccò una flotta ateniese ingaggiò una lotta con Demostene, il quale considerò infranto il patto di pace (nel 340 a.C.): nacque così una «quarta guerra sacra» in Grecia (339-338).
Tuttavia, le mosse di Demostene non ebbero effetti reali sul campo e Filippo II procedette verso Atene che corse ai ripari con le difese dei Beoti. Carete riuscì per due volte a sconfiggere il macedone presso il Cefiso ma poi venne battuto, potendo così Filippo II puntare ad Anfissa, che si arrese. A questo punto si svolse l’epica battaglia di Cheronea (2 agosto o 1 settembre del 338), in cui Filippo II e suo figlio Alessandro (poi detto «Magno») sconfissero definitivamente
Beoti, Corinzi, Achei, Ateniesi (Carete, Lisicle e Stratocle) e altri. Il vincitore impose ai Tebani di accogliere macedoni, di consentire la rinascita di Platea e Orcomeno e di richiamare gli esuli (condannando invece i propri avversari).