Filippo II - Civiltà Greca

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La Macedonia dalle origini al regno di Filippo II
Il leggendario capostipite macedone, Carano, era della dinastia degli Argeadi e dunque greco; sarebbe disceso da un ramo degli Eraclidi (i Tamenidi, i dorici fondatori di Argo). Il nome Makedònes starebbe per «i montanari», «quelli che abitano sulle alte montagne» interne alla Grecia. I contorni storici sono presenti a partire da Aminta I e suo padre Filelleno, caratterizzati dai loro legami con la Persia. Proprio «la ricusazione di fatto del rapporto di vassallaggio verso la Persia» segnò «l’inizio dell’ascesa della Macedonia» e «lo sfruttamento delle miniere d’argento del Dysoron comportò l’introito di un talento al giorno per la Macedonia, che diede allora inizio alla coniazione di una propria moneta d’argento». Il nipote di Aminta, Perdicca II, regnò col fratello per un breve periodo, finché prese il comando dei Macedoni dal 437 al 414. Il potere poi passò nelle mani di Archelao che, avendo regnato per quattordici anni (fino al 399) con una particolare attenzione per la cultura macedone cui diede una corte di poeti (tra cui Agatocle, Cherilo ed Euripide – autore de Le Baccanti nel 406, l’Archelao e i Temenidi – che proprio in Macedonia pare abbia trovato la morte) e avendo provveduto ad una migliore organizzazione territoriale del regno, fu ucciso a tradimento. Alla sua morte seguirono «convulse lotte dinastiche», dalle quali spiccò la figura di Aminta III (392-384, 382-370) che chiese aiuto a Sparta, sciolse la Lega calcidica e aderì nel 375 alla Lega navale ateniese. Anche alla sua morte seguirono lotte dinastiche, fino al 365: eletto Alessandro II, questi fu assassinato – dopo un solo anno di regno – dal cognato Tolemeo, amante di Euridice, madre del defunto re ricordata come prima donna «terribile» di questa dinastia. Poi gli Ateniesi intervennero nell’elezione di Perdicca III che si rivolse loro contro e che morì poco dopo.
Seguì il regno di Filippo II (359-336). È a questo punto che si considera, da un punto di vista storico, il rapporto tra i Macedoni e l’intera grecità: superati tanto l’interpretazione nazionalistica e romantica dello scontro tra Macedoni e Greci quanto il concetto di una Macedonia che anti-democratizza la Grecia delle pòleis. Dopo Mantinea, l’ascesa macedone corrisponde significativamente al declino dell’imperialismo ateniese, segnato dalla conquista di Anfipoli.
Seguì la «terza guerra sacra» intorno a Delfi dove Tebe e i Beoti attaccarono per garantire l’una la propria egemonia, gli altri i propri diritti, dividendo in due il mondo greco: da un lato i Beoti, i Locresi e i Tessali
in difesa del santuario, dall’altro i Focesi, gli Ateniesi, gli Spartani e altri peloponnesiaci. Nel 354 si verificò una «svolta»: perdute le speranze dopo la valorosa battaglia di Neon, Filomelo, capo dei Focesi, si tolse la vita gettandosi da una rupe e a lui successe Onomarco. Fu così che i Tessali chiesero aiuto a Filippo II contro il tiranno Licofrone di Fere, che aveva invece l’appoggio dei Focesi. Onomarco sconfisse due volte Filippo II nel 353 (il suo anno più critico) ma l’anno dopo il macedone contrattaccò nell’epico scontro dei Campi di Croco (più di ventimila soldati per parte) in cui batté Onomarco. Venne eseguita una vendetta esemplare e feroce per i «traditori del tempio»: tremila prigionieri, Onomarco fu impiccato già morto e gli altri affogati. Filippo II poi rinunciò ad attraversare il passo delle Termopili, bloccato da cinquemila ateniesi, duemila achei e mille spartani, insieme ai Focesi.



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