La città degli scudi
Tutti coloro che hanno cercato di affacciarsi sull’orizzonte della città, si sono interrogati sulla descrizione dello scudo di Achille presente nel XVIII canto dell’Iliade.
Pace e guerra, mondo degli uomini e mondo degli animali, natura e città appaiono come un cosmo in miniatura. Lessing aveva già avuto occasione di metterlo in evidenza: “in pochi quadri Omero fece del suo scudo quasi il ricettacolo della totalità del mondo”. Terra, cielo, mare costituiscono gli elementi di base della composizione universale in cui la pace controbilancia la guerra. James Redfield ha giustamente osservato che ”la similitudine è una finestra attraverso cui si percepisce il mondo oltre Troia e il campo di battaglia.
Tutti i tentativi di ricostruzione dello scudo convergono sul presupposto che il manufatto fosse composto da cinque bande concentriche ciascuna decorata da un gruppo specifico di figure. Lo scudo non si lascia facilmente scomporre in cinque unità: la descrizione dello scudo si compone, infatti, di nove immagini introdotte dal prefisso ἐν accompagnato da un verbo, quale: fare, rappresentare, porre. Se si accetta l’ipotesi per cui la prima banda sia costituita da elementi naturali e la quinta dall’Oceano, si è costretti a disporre le scene restanti in tre cerchi concentrici. James Redfield ha proposto una soluzione ingegnosa: la seconda scena si opporrebbe alla prima in quanto vi si contrappongono il mondo degli uomini e quello naturale, rappresentato dal cielo, dalle stelle e dalle costellazioni. Il mondo degli uomini è tuttavia caratterizzato da una forte connotazione sociale e istituzionale, espressa nelle diadi guerra/pace, solidarietà/conflitto.
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Le cinque scene seguenti costituiscono un terzo cerchio, in cui sarebbe raffigurato l’aspetto rurale della città, la sua dimensione agricola e produttiva: l’aratura (3), la mietitura (4), la vendemmia (5), l’allevamento di bovini (6) e degli ovini (7). A questa sequenza agricola e pastorale succede una nuova scena (8) che riprende la seconda: raffigurazione di una città in cui regna la concordia civile, l’armonia degli abitanti. La nona e ultima scena, quella dell’Oceano, rimanda alla prima, e il mondo della natura ritorna alla fine come in assonanza.
Le ricostruzioni, invece, degli archeologi contemporanei sono concordi nella fedeltà al modello dei cinque cerchi. Nella ricostruzione di Murray-Rylands il modello è centripeto: dopo l’Oceano si ritrova l'immagine delle due città, poi, nella terza banda, le scene rurali, nella quarta la città in festa, nella quinta, al centro, il sole e le costellazioni.
La ricostruzione di Weniger invece è centrifuga: i temi si snodano a partire dal centro (gli astri). Si comincia dunque con le due città (1) per passare ai due cerchi successivi (2-3): quello delle attività agricole (aratura, mietitura, vendemmia) e quello delle attività pastorali e della caccia. Un modello dunque, quest'ultimo, in cui si oppongono uno spazio coltivato (ἀγρός) e uno spazio selvatico (ἐσχατία). I tre primi cerchi sono circondati dalla raffigurazione della città (4) in festa e dell’Oceano (5).
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La città nell’Iliade non può che essere felice, poiché guerra e pace sono indissolubilmente collegate. La città in tempo di pace è quella delle nozze e delle cerimonie sacrificali, ma è anche la città dei dibattiti. La città in tempo di guerra incarna l’altro aspetto della vita civica: le donne sulle mura, gli assediati che tentano un’imboscata, la fonte a cui giungono i bovari a dissetare le proprie mandrie. Il paesaggio rurale è articolato in cinque scene: aratura, mietitura, vendemmia, allevamento di bovini e di ovini. Il ventaglio delle pratiche agricole è strutturato in una sequenza temporale ma anche funzionale. A ognuna di queste attività corrisponde uno spazio particolare, situato al di fuori della cerchia urbana.
Il motivo della città in tempo di pace e di guerra compare di nuovo sullo scudo di Eracle. Anche le donne nel poema di Esiodo assistono sulle mura al combattimento che minaccia la città in guerra, anche qui in una città ormai pacificata, si svolgono feste e si preparano cori. All’elenco mancano solo bovari e pastori, ma un’altra serie di scene si sussegue, in cui i giochi e la caccia sono associati agli spazi aperti. In più, la città di Esiodo è munita di un porto: si tratta, certo, di un porto di pesca, Ma ciò non toglie che la sua presenza trasforma il mare almeno parzialmente in uno spazio sottomesso all’eventuale dominio quotidiano dell’uomo.
Iliade, Canto XVIII, vv 21 – 44 = Pianto di Achille
Iliade, Canto XVIII, vv 45 - = Lamento di Teti
Iliade, Canto XVIII, vv = Scudo di Achille, ad opera di Efesto
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L’UNIVERSO
Lo scudo che Efesto fece per Achille è diviso in cinque parti, nella prima delle quali c’è la rappresentazione dell’universo. Da notare la ripetizione degli aggettivi che indicano lo splendore di questo manufatto (brillante, scintillante). Ai greci piaceva molto tutto ciò che risplendeva!
“E fece per primo uno scudo grande e pesante, ornandolo in ogni sua parte; un bordo vi pose, brillante, triplo, scintillante, poi una tracolla d’argento. Cinque dunque erano le parti di quello scudo, a cui fece molti ornamenti con somma maestria. Vi modellò la terra, il cielo e il mare, l’implacabile sole e la luna piena e tutte quante le costellazioni che incoronano il cielo: le Pleiadi, le Iadi e la forza d’Orione e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro: quella gira su se stessa e guarda Orione e sola non si cala nelle acque di Oceano. (Odissea XVIII, vv. 478-489 (VIII a.C.)
Nell’immagine, una possibile ricostruzione dello scudo di Achille. “